Diritto del lavoro e certificazione di parità – L’Italia s’è desta

Di pari opportunità si parla da anni e, come tutte le novità, al nostro Paese serve sempre tempo per metabolizzare ed attivarsi.

Finalmente, dopo la previsione della legge n. 162/2021 è stata inserita la certificazione di parità nel Codice delle pari opportunità, e con il decreto del 29 aprile 2022 è stata data attuazione a tali previsioni, fissando i parametri per ottenerla – accogliendo la prassi Uni 125:2022[1] – e collegandola a misure premiali per l’impresa. Non solo. La certificazione è stata anche inserita nel PNRR, all’interno della Missione 5, coesione e inclusione, politiche per il lavoro.

In sostanza, si mira a intervenire fattivamente sul gender gap all’interno delle imprese, certificando l’esistenza di una reale parità di opportunità di carriera, salariale e di gestione del rapporto di lavoro. Per poterla ratificare è necessaria la consulenza di un avvocato giuslavorista che, documentazione aziendale alla mano, possa verificare l’esistenza o meno di ulteriori indici i quali, nella pratica, possano creare una disparità di trattamento.  Ottenere questa certificazione significa, per le imprese di tutte le dimensioni – non sono previsti, infatti, requisiti dimensionali – beneficiare di un innovativo sistema premiale che va da sgravi contributivi all’ottenimento di punteggi premiali ai fini della concessione di aiuti statali, alla riduzione della garanzia fideiussoria per la partecipazione a gare pubbliche, all’acquisizione di un miglior posizionamento in graduatoria in alcuni bandi di gara.

Ulteriore garanzia al mantenimento di una realtà che sia in linea con la certificazione ottenuta, è l’obbligo datoriale di informativa aziendale con cadenza annuale sulla parità di genere. Il controllo viene altresì svolto dalle rsa e dai consiglieri regionali di parità che, in caso di irregolarità o anomalie, devono rivolgersi all’organismo certificatore e invitare l’impresa a rimuovere entro un termine tali irregolarità.

Riteniamo che sia uno strumento molto utile e vantaggioso sotto diversi aspetti. Innanzitutto, per i vari strumenti premiali di cui può beneficiare l’Impresa, che la rendono maggiormente competitiva sul mercato, oltre a farla apparire moderna ed in linea con i tempi.

La competitività, inoltre, andrà di pari passo con la appetibilità della stessa impresa che, per conquistare il mercato, necessita di una squadra che funzioni. Il dipendente, in questo modo, avrà la certezza che un organismo terzo abbia scandagliato la realtà aziendale per controllare l’esistenza effettiva della parità di trattamento. Si parla, infatti, non solo di stipendio o di progressione di carriera, ma di tutta la gestione del rapporto di lavoro.

Immaginiamo, infine, come molte controversie che riguardano una parte del mobbing o della discriminazione, possano subire un decremento notevole. Il dipendente, infatti, avrà a sua disposizione un ulteriore strumento di controllo della situazione aziendale e potrà attivare canali diversi al fine di verificare una eventuale disparità di trattamento.

[1] Tali parametri, mutuati dalla prassi di riferimento UNI/Pdr 125:2022, individua sei aree, a cui attribuire un peso percentuale, in cui può essere riconosciuta una struttura che si inclusiva  rispettosa della parità di genere

Avv. Giulia Guerrini – Studio Legale Fraioli Guerrini

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